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Quando il passato non passa: capire la memoria traumatica.

È sera. Luca sta guidando tranquillo verso casa, la radio accesa in sottofondo. All’improvviso, il suono improvviso di una frenata lo fa irrigidire. In un attimo non è più sulla sua macchina: è di nuovo nell’incidente che ha avuto anni fa. Rivive la paura, il rumore dei vetri, l’odore acre dell’airbag. Gli sembra reale, come se stesse accadendo ora.

Quello che vive Luca è qualcosa che molte persone sperimentano dopo un trauma: il passato che irrompe nel presente. Non come un ricordo lontano, ma come una scena viva, che si riaccende con la stessa intensità di allora. Il corpo accelera, i muscoli si tendono, la mente perde la distinzione tra “ieri” e “oggi”.

I ricordi traumatici non si comportano come gli altri. Normalmente, quando viviamo un’esperienza, il cervello la archivia nella memoria narrativa: possiamo raccontarla, collocarla nel tempo, ricordarla come qualcosa che appartiene al passato. Nel trauma, invece, l’allarme è così forte che questa archiviazione non avviene. È come se l’esperienza rimanesse “sospesa”, frammentata in sensazioni, immagini, suoni, odori. Non c’è un prima e un dopo, c’è solo un eterno presente.


Molte persone descrivono questa sensazione come avere pezzi di memoria sparsi e caotici, impossibili da mettere insieme. Basta un odore di disinfettante che riporta a un ricovero, una porta che sbatte che riattiva la paura di un’aggressione, una frase detta con un certo tono che fa riaffiorare l’impotenza vissuta da bambini. L’attivazione è immediata, il corpo reagisce come se fosse in pericolo, anche se la mente sa che non lo è più.

Questi trigger non sono segni di debolezza, né la prova di non aver “superato” il trauma. Sono il modo in cui il cervello e il corpo comunicano che quell’esperienza non ha ancora trovato posto nella nostra storia. È un linguaggio sotterraneo, fatto di segnali e sensazioni che chiedono ascolto.

La psicoterapia può offrire proprio questo spazio: un luogo sicuro in cui quei frammenti, così dolorosi e disturbanti, possono finalmente essere accolti e integrati. Non per cancellarli o far finta che non siano mai esistiti, ma per trasformarli in qualcosa che non invade più il presente. Il ricordo traumatico rimane, ma diventa parte di una narrazione più ampia, una storia che può essere raccontata senza che ogni volta riapra la ferita.

Fermarsi a riflettere può essere un primo passo importante. Ci sono ricordi che, nonostante il tempo trascorso, sembrano ancora vivi dentro di me? Quali situazioni quotidiane risvegliano reazioni sproporzionate? In che modo la mia vita cambierebbe se queste esperienze potessero smettere di governare le mie giornate e trovare un posto diverso?


Il trauma non definisce chi siamo. È parte della nostra storia, ma non è tutta la nostra identità. Con il giusto sostegno, è possibile restituire al passato il suo posto e vivere il presente con più libertà, ridando una nuova narrativa alla memoria traumatica.


Memoria traumatica

Nel mio lavoro incontro spesso persone che portano dentro memorie traumatiche, grandi o piccole, che continuano a farsi sentire. Se leggendo queste righe ti sei riconosciuto, puoi contattarmi per una prima call conoscitiva gratuita: sarà un’occasione per esplorare insieme la tua esperienza e capire come iniziare a darle voce.

 
 
 

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