Ricostruirsi dopo il burnout: psicoterapia e strategie per ritrovare equilibrio
- Dr Mirella Sgarbossa

- 11 minuti fa
- Tempo di lettura: 3 min
Molte persone arrivano in terapia dicendo: “mi sento svuotato”, “non riesco più a provare entusiasmo”, “anche dormendo non recupero”. Il burnout non è semplice stanchezza, è una perdita prolungata di energia fisica ed emotiva, spesso accompagnata da senso di inefficacia e distacco da sé. Può spaventare, ma può anche diventare un punto di svolta.
Idea chiave: dal burnout non si esce solo con il riposo. Si esce con una ricostruzione più profonda del proprio equilibrio, rispettosa dei limiti e dei valori personali.
Cosa succede nel burnout
Breve mappa psicofisiologica, in parole chiare:
Stress cronico, iperattivazione costante del sistema nervoso. Il corpo resta in “assetto d’emergenza” anche quando non serve.
Perdita di regolazione, difficoltà a passare da stati di attivazione a stati di recupero.
Esaurimento delle risorse cognitive ed emotive, calo di concentrazione, memoria, motivazione.
Disconnessione, sentimenti di estraneità verso se stessi e le proprie emozioni.
Normalizzazione: il burnout non è un fallimento personale. È un segnale che il sistema mente corpo sta chiedendo una pausa strutturale e un cambio di rotta, non un semplice weekend di riposo.
La fase della ricostruzione: non tornare com’era prima
Dopo un burnout il desiderio più frequente è “tornare come prima”. Eppure, quella versione di sé si è esaurita. La ricostruzione parte dal riconoscimento che la guarigione non è un ritorno, è una riformulazione del proprio modo di vivere.
Frase cardine: “Non si tratta di rimettersi in moto più forte, ma di imparare a camminare con un passo che puoi sostenere.”
Domande utili per orientarsi:
Quali condizioni hanno favorito l’esaurimento, dentro e fuori di me?
Che cosa voglio proteggere nella mia vita, oltre a ciò che voglio raggiungere?
Qual è un ritmo che posso mantenere nel tempo, anche nei periodi più pieni?
Strategie di regolazione quotidiana
Concrete, semplici, terapeutiche.
Micro pause intenzionali
Allenano il sistema nervoso a riconoscere il sovraccarico prima del collasso.
Ogni 60–90 minuti, 3 minuti di decompressione: allontana lo sguardo dagli schermi, senti i piedi a terra, 6 respiri lenti con espirazione più lunga.
Regola dei 20 secondi: quando senti il picco, fermati 20 secondi, nota tre sensazioni corporee, poi riparti.
Autocompassione e defusione
Ridurre l’autocritica e la fusione con i pensieri tipo “non sto facendo abbastanza”.
Etichetta i pensieri: “Sto notando il pensiero che dovrei sbrigarmi”.
Microscript gentile: “In questo momento è difficile. Posso fare un passo alla volta, proteggendo la mia energia”.
Ritmo e prevedibilità
Routine minime che aumentano sicurezza interna.
Rituali di apertura e chiusura della giornata di lavoro, anche di 5 minuti.
Limiti micro: slot di 25 minuti per compiti faticosi, 5 minuti di scarico.
Regola 1–1–1 quotidiana: 1 cosa necessaria, 1 cosa facoltativa, 1 cosa che nutre.
Riconnessione corporea
Riattiva la presenza, migliora la regolazione.
Respiro 3–6: inspira per 3, espira per 6, per 2 minuti.
Stretching consapevole di collo, spalle e mascella per sciogliere la postura da allerta.
Check-in corporeo a metà giornata: “Dove sento tensione, di cosa ho bisogno adesso?”
Ridefinizione dei valori
Dà direzione oltre la performance.
Scrivi 3 valori che vuoi proteggere nelle prossime 4 settimane, traduci ciascuno in azioni piccole e regolari.
Esempio: Valore “relazioni significative” diventa “pranzo senza telefono due volte a settimana”.

Come la psicoterapia può aiutare
La terapia offre uno spazio competente e protetto per:
Comprendere i meccanismi che hanno portato all’esaurimento, come ipercontrollo, perfezionismo, colpa.
Recuperare fiducia nei segnali interni, distinguendo urgenza reale da urgenza appresa.
Imparare una regolazione flessibile, basata su ascolto, confini, ritmi sostenibili.
Coltivare resilienza come capacità di rispondere con equilibrio alle sfide, non come “essere invincibili”.
Riflessione clinica: nel burnout il sistema mente corpo smette di dialogare. Il lavoro terapeutico riattiva quella conversazione, integrando interventi sul corpo, sul pensiero e sulle scelte quotidiane.
Prevenire le ricadute
Chi ha vissuto un burnout resta più vulnerabile se non impara a monitorare i segnali precoci. Tieni d’occhio:
Perdita di piacere nelle attività che di solito ti nutrono.
Sonno disturbato o apatia per più giorni di fila.
Pensiero costante su lavoro o performance, difficoltà a “staccare”.
Piano di protezione in 3 mosse:
Segnali personali: elenca 3 campanelli d’allarme specifici tuoi.
Azioni di contenimento: cosa riduco del 20 percento per 7 giorni, cosa delego, cosa rinvio.
Azioni di nutrimento: due attività piccole ma rigeneranti da ripetere 3 volte a settimana.
Il benessere psicologico non è una destinazione, è un equilibrio dinamico da proteggere nel tempo.
Ricostruirsi dopo il burnout è possibile. Richiede tempo, gentilezza e un nuovo modo di ascoltarsi. È un percorso di riscoperta, non di ritorno.
Se ti ritrovi in queste parole e vuoi approfondire il tema del burnout o capire come ritrovare equilibrio, puoi scrivermi per un primo colloquio conoscitivo o per ricevere informazioni sui percorsi psicologici individuali.



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